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Nuovi inizi + i miei consigli per Colazione e Brunch a Firenze

Oggi guardando le stats del mio blog ho notato che, nonostante non scriva un post da mesi, in questi giorni ci sono state delle views (dalla Cina tra l’altro!) e mi sono un po’ commossa. Spesso, soprattutto nell’ultimo periodo, mi faccio prendere dallo sconforto, ho paura di dedicare troppo poco tempo al progetto Heart-Shaped Pie e per quanto tempo e risorse ci ho investito negli ultimi anni a volte mi sembra quasi sbagliato continuare ad andare avanti per inerzia, non potendo curarlo come vorrei. 

Mi ricordo quando cominciò il fenomeno dei blog, lessi su Elle di Tavi Gevinson, una ragazzina di 12 anni, che aveva aperto un blog di moda, dallo stile molto innovativo, ed esprimendo la propria creatività attraverso il suo sito era riuscita a farsi notare dai grandi dell’industria fashion e aveva trovato il lavoro dei suoi sogni come giornalista di moda.

Questo era il web allora, qualcosa attraverso cui poter avverare i propri sogni, poter essere notati e creare una comunità di persone interessate a quello che facevi e pensavi, ma soprattutto interessate a interagire con te. 

Per me, allora anche io 12enne, con la mia passione per la cucina che sapevo già non si sarebbe concretizzata in una carriera in cucina, un blog era un modo per lavorare su me stessa, comunicare con gli altri e trovare persone appassionate come me. 

La realtà è che aprii numerosi blog, e non riuscii a portare avanti nessuno di questi. Poi nel 2015, un altro tentativo Heart-Shaped Pie – recipes for a delicious life (allora Cath’s Home Cooking). Anche questo sembrò essere fallimentare perché dopo qualche mese finii per abbandonarlo, lasciando però aperta la pagina Instagram. Dopo due anni, in cui avevo continuato a vedere delle interazioni sul profilo (nonostante ci fossero solo tre post), decisi di riprenderlo in mano e farne qualcosa di cui potessi essere orgogliosa. Da li è cominciata la mia avventura.

Per questo oggi, vedendo quelle poche views, mi sono sentita un attimo leggera. Il mio progetto ha certo bisogno di cure, ma a volte non mi rendo conto che c’è qualcuno che mi vede e che mi legge. Non sono nessuno, ma sono qualcuno e questo lo devo a voi, miei pochi lettori.

Per voi oggi torno alle origini – soprattutto per voi che mi seguite da molto lontano – e vi parlo della mia bellissima città: Firenze.

Ho fatto tanti post, sia su Instagram che sul Blog, che riguardano altre città del mondo, ma non ho mi sono mai dilungata riguardo ai posti che più amo e frequento nella mia città e visto che ora mi sono allontanata di nuovo, dopo tre anni a Bologna, per frequentare un Master a Londra, ho deciso che è il momento di dedicare un po’ di tempo per raccontarvi esaustivamente la mia città e quello che amo di lei. 

Quelli che vi consiglio sono posti che amo e dove sono stata moltissime volte, potranno forse non essere i migliori, poiché non ho fatto chiaramente una ricerca capillare. Ma sono i migliori per me, nei luoghi che frequento più spesso. Sono i classici posti dove torni perché sei stato bene a cui lego molti ricordi che porterò stretti con me ovunque io vada.

Dividerò i miei consigli in diverse categorie, cominciando da Colazione e Brunch. 

I miei best places per la Colazione

  • Pasticceria Minni
  • Caffè Libertà
  • Bar Cesare
  • Caffè Piansa

Pasticceria Minni:

Vado da Minni da quando ne ho ricordo, ma questo non acceca il mio giudizio, è una classica pasticceria fiorentina, che non è cambiata particolarmente nel tempo e sinceramente menomale! I prezzi sono nella media e purtroppo ci sono solo uno o due tavolini all’interno, ma vale assolutamente la pena farci un salto. Consiglio di cuore le frittelle di San Giuseppe (vi prego, ripiene di crema), non le troverete da nessun’altra parte fatte così!

Via A. Giacomini 16, FI – https://www.pasticceriaminnifirenze.com

Caffè Libertà:

Ho sentito davvero molta negatività riguardo al Caffè Libertà recentemente, perlopiù rispetto al personale, che viene considerato “maleducato e rumoroso”, mi sembra giusto dire questo visto che ho avuto questa conversazione con diverse persone. Ciononostante per me questo Bar ha quelli che sono tra i migliori cornetti di Firenze, quindi per me vale la pena provarlo e tornarci ancora e ancora. Al massimo, per non essere disturbati, è possibile mettersi fuori, poiché sotto il portico, dove è collocato, ci sono moltissimi tavolini. 

Piazza della Libertà 27/r – https://www.facebook.com/caffelibertafirenze/

Pasticceria Cesare:

Il mio amore per questo bar è cresciuto nel tempo e adesso un cappuccino in un tavolino sotto al sole mite della mattina accompagnato dalla loro burrosissima sfoglia alla crema è per me uno dei modi migliori di cominciare la giornata. Un’altra specialità da provare sono anche qui le frittelle di S. Giuseppe, molto buone, anche se (scusatemi), comunque non le mie numero 1.

Via Gabriele D’Annunzio 106 – https://www.facebook.com/pasticceriacesare

Caffè Piansa:

Questo bar si distingue dagli altri semplicemente perché non è un tradizionale bar fiorentino, ma dallo stile più moderno, con uno staff giovane e simpatico. Qui troverete un sacco di opzioni per il caffè, sia riguardo alle miscele che alla consumazione (V60, Americano ecc..). Riguardo al cibo si va dalle più classiche paste, a muffin e biscotti vegani (davvero molto buoni). Per me un must è la loro torta al tè nero, non vi dico quante volte l’ho presa…

Caffè Piansa. Via Gioberti 53. Firenze
Torrefazione Piansa. Via Meucci, 1. Bagno a Ripoli (FI)

I miei best places per il Brunch

  • Le Vespe Caffè
  • Melaleuca
  • La Ditta Artigianale

Le Vespe Caffè:

Non so come esprimere quanto adoro questo posto se non dicendo che se dovessi scegliere un solo locale di tutta la lista, questo sarebbe il prescelto. Le Vespe è un posto piccolo, arredato con stile nordico, molto semplice e curato. I piatti sono completi, molto vicini al brunch stile americano, e di solito vi si alternano panini, wrap, omelettes, accompagnati da patate al forno (divine!), qualche verdura e salse. Potete trovare nel menù anche altri tipi di piatti composti, come l’American e la Full English Breakfast e ci sono moltissime bevande, sia calde che fredde con cui accompagnare il vostro brunch. La cosa incredibile di questo posto è la qualità degli ingredienti e il prezzo davvero onesto (di solito si aggira sugli 8-10 euro, per un piatto completo di tutto). 

Melaleuca:

Questo è l’unico posto della lista dove sono stata solo due volte, ma lo metto qui perché è stata davvero una piacevole scoperta. La location è centralissima, sul Lungarno delle Grazie e il locale è piccolo e luminoso. I piatti sono sempre di ispirazione americana (Avocado Toast, Bagles, Pancakes…) con ingredienti di qualità e una cura anche nella presentazione e nel raccontare i piatti e la provenienza degli ingredienti. Tra le bevande pure un Kombucha fatto in casa che non ho mai trovato da nessun’altra parte a Firenze. L’unica pecca è forse il costo abbastanza elevato rispetto alle porzioni. Da provare: il Cinnamon Roll.

Ditta Artigianale:

La Ditta è un mio vecchio amore, e come spesso succede con i vecchi amori piano piano ho finito per trovarle dei difetti che non mi permettono più di apprezzarla come prima. Partendo dalle cose che amo, questo Caffè, nelle sue due location (Via dello Sprone e Via dei Neri) è arredato in stile moderno, colorato e radical chic ed è stato uno dei primi a Firenze a creare un bar che si distinguesse dai classici fiorentini e accogliesse a braccia aperte i giovani nel centro di Firenze. Anche qui il cibo è sul classico stile del brunch americano, con qualche variante per il pranzo che prevede anche bowl e insalate. Un tempo amavo il Croque Madame/Monsieur, ma da quando hanno cambiato la ricetta (ormai si parla di tre anni fa) non è più come prima e questo mi ha portato a pensare che col tempo abbiano tagliato il budget su alcune cose, mantenendo però dei prezzi alti che forse a questo punto, rispetto alla qualità degli ingredienti e alle porzioni, sono anche esagerati. Un’altra nota in favore va invece al caffè, qui potete trovare miscele diverse e diversi modi di gustarlo, ma non mi spingerò oltre non essendo un’esperta a riguardo.

Credits: Ringrazio Livia per la foto da Cesare e Malvina per la foto in copertina.

Sfouf: la torta al semolino libanese

La mia storia con i dolci mediorientali, come già detto in precedenza, inizia a Parigi.

Era la nostra prima vacanza a Parigi, primavera, io avrò avuto più o meno 7 anni. Per questo quel pomeriggio in cui mia mamma e mia sorella avevano deciso di andare a far compere, io e mio babbo ci siamo diretti da un’altra parte. Mi ricordo che mio babbo voleva portarmi a visitare una Moschea e io non avevo idea di cosa aspettarmi e penso di non aver avuto nemmeno molta voglia, ma lui mi aveva promesso che lì avremmo fatto merenda. Il cibo era sempre un buon modo per farmi arrivare da qualche parte e, come ho scoperto nel tempo, anche per imprimere in modo indelebile nella mia memoria alcuni momenti.

La Moschea di Parigi ha un bellissimo giardino, ricoperto di mattonelle colorate, lì è possibile sorseggiare un tè verde ai tavolini e mangiare dei dolcetti scelti da un’ampissima selezione. Mi ricordo ancora che ne scelsi alcuni al marzapane, altri ricoperti di zucchero e altri ancora di sfoglie di pasta croccante imbevute di sciroppo. La dolcezza del miele e dello sciroppo e gli aromi di rosa, fior d’arancio, cannella e anice legati perfettamente al sapore delicato della frutta secca: noci, pistacchi, mandorle. Questi sapori sono rimasti nel mio cuore come dei cari ricordi, e spesso mi trovo a ricercarli in ciò che cucino e in ciò che mangio.

L’altro giorno scorrevo quindi il feed di Instagram e quando mi è apparso questo dolce al semolino ho cominciato già a pregustarlo e mi incuriosiva così tanto conoscere il suo vero sapore, che ho deciso che avrei dovuto farlo assolutamente!

Eccolo qui infatti, molto semplice e delizioso, aromatico, ma in modo molto armonioso. Devo ammettere tra l’altro che non sono una fan dell’anice nei dolci, ma in questo caso non mi disturba affatto e anzi, ci sta molto bene!

N.B

  • La ricetta è senza uova, quindi può facilmente diventare vegana sostituendo lo yogurt con yogurt di soia o altro sostituto a proprio piacimento
  • Io ho messo una mandorla per rombo, per puro gusto estetico, ma tornando indietro ne cospargerei l’intera superficie, perché rendono la torta molto deliziosa (e lo stesso sono sicura valga per i pinoli)

Ricetta Sfouf: torta al semolino libanese

Ingredienti

  • 2 cucchiai di tahini per imburrare la teglia (può essere sostituito con il burro)
  • 130g (1 cup) di farina
  • 130g (1 cup) di semolino
  • 1/2 cucchiaino di lievito per dolci
  • 1/4 di cucchiaino di sale fino o kosher
  • 1 cucchiaio di curcuma
  • 1/2 cucchiaino di semi di anice pestati
  • 250g (1 cup) di yogurt intero
  • 200g (1 cup) di zucchero
  • 1 cucchiaino di vaniglia (o estratto)
  • 1 cucchiaio di essenza di fior d’arancio
  • 110g (1/2 cup) di olio di semi
  • mandorle (spellate) o pinoli q.b

Procedimento

Scaldare il forno a 180°C e imburrare la teglia o spalmarla con il tahini.

Mettere in una ciotola grande le due farine, il lievito, il sale, la curcuma e l’anice pestata.

In una ciotola più piccola mettere lo yogurt, lo zucchero, la vaniglia e l’essenza di giro d’arancio e sbattere bene finché non si sarà sciolto la maggior parte dello zucchero. Aggiungere quindi l’olio e sbattere vigorosamente finché non si sarà ben amalgamato.

Unire poi il composto liquido alla ciotola degli ingredienti secchi e mescolare con la frusta finché non si saranno amalgamati.

Versare poi il composto nella teglia imburrata e spianare la superficie, ornare poi a piacimento con mandorle o pinoli.

Infornare per 20/25 minuti o finché, infilzandola con uno stecchino questo non ne uscirà pulito. A questo punto accendere il grill (io l’ho messo a 3, ma dipende da forno a forno) e aspettare che si dori la superficie (attenzione a non bruciarla!).

Scones: dolci panini britannici

Quello degli Scones è uno dei tanti dolci ricordi legati al cibo.

A volte, quando ero piccola e andavo con mia mamma a fare delle passeggiate in centro, mi portava alla Latteria. La Latteria era una piccola latteria convertita a bar, la cui proprietaria era una burbera signora e che purtroppo è ormai chiusa da molti anni. E’ proprio lì che un giorno la mia curiosità mi ha fatto conoscere questi deliziosi panini, che mi sono stati serviti con una salsa al latte, che la Signora chiamava “Crema inglese” e che non sono ancora riuscita a riprodurre.

Oggi vi propongo quindi questo mio personale comfort food, che poi ha assunto anche più valore per l’amore che ho coltivato nel tempo verso l’Inghilterra e la sua (tanto disdegnata) cucina.

N.B Gli Scones sono tradizionalmente serviti con marmellata e Clotted Cream (una crema pannosa e densa), ma quest’ultima può anche essere sostituita con il burro (ancora meglio se quello salato inglese). Sono anche molto buoni con la Lemon Curd, una crema di limone tipica britannica.

Ricetta Scones

Ingredienti

  • 450g di farina bianca
  • 1/2 cucchiaino di sale fino
  • 2 cucchiaini di lievito
  • 100g di burro
  • 2 cucchiai di zucchero semolato
  • 250 ml di latte intero
  • 3 cucchiai di latte per spennellare

Procedimento

  1. Scaldare il forno a 220°C e foderare una piastra con carta da forno
  2. Tagliare il burro a cubetti e metterlo in frigo
  3. Unire in una ciotola: farina, sale, lievito
  4. Mettere i cubetti nella ciotola e sabbiare in modo da creare una specie di sabbia sottile
  5. Aggiungere a questo punto lo zucchero e il latte
  6. Formare una palla e impastare finché non sarà omogeneo (attenzione a non impastare troppo!)
  7. Standere su un ripiano infarinato in modo da raggiungere l’altezza di 1 cm e mezzo
  8. Prendere a questo punto un taglia pasta, o una formina per biscotti rotonda (dai 4.5 cm ai 7.5 cm di diametro) e cominciare a formare gli scones e posizionare sulla teglia/piastra
  9. Infornare e cuocere per 12 minuti, o fino a quando saranno dorati (dipende anche dalla grandezza degli scones!)

Hummus: 3 ricette sfiziose

Mi stupisco di chi continua a dire “Ora che avete tempo potreste provare a fare questo o quest’altro”, forse perché la mia realtà (ma sono pronta a scommettere, anche quella di molti altri) è che anche se sono chiusa in casa, di tempo ne ho comunque molto poco.

La mia Università (Bologna), si è attivata molto velocemente per poterci far fare le lezioni online e permetterci di sostenere gli esami via computer (grazie!). Quindi la mia vita continua come al solito, tra progetti di gruppo, laboratori, lezioni e studio.

Certo non posso uscire, ma questo vuol dire semplicemente che durante il mio tempo libero, il momento in cui potrei svagarmi e staccare, sono sempre qui, nello stesso luogo dove studio, lavoro, cucino e soprattutto il luogo dove tutti sanno di potermi trovare, perché in fondo, siamo tutti in quarantena, perché non dovresti rispondere al telefono? Non hai niente da fare!

Ora, non voglio lamentarmi, so che la situazione è uguale per tutti, semplicemente dico: smettiamo di dire che questa quarantena ci fa guadagnare tempo, smettiamo di dare ancora più per scontato del solito la disponibilità continua delle altre persone, e smettiamo di pensare che visto che siamo a casa “a non far niente” dobbiamo occupare tutte e 24 le ore della nostra giornata.

E’ giusto darsi da fare, è giusto non lasciarsi andare, prendersi cura di noi sia esteriormente che interiormente, fare cose che ci attivano, che ci stimolano e ci permettono di stare bene e distrarci da questo momento difficile. Ma non esageriamo, non rincorriamo l’estremo opposto del “Ho pulito le finestre, fatto una torta, studiato un capitolo del libro e messo a posto gli scaffali, ma ho ancora due ore prima di cena e in questo tempo potrei anche fare yoga, un arrosto oppure lavare il pavimento…” Calma! Respiriamo! Se la nostra vita quotidiana ci raggiunge a casa in via telematica, stiamo già facendo quello che avremmo fatto normalmente, quando finiamo di farlo prendiamoci un po’ di tempo per non essere produttivi e lasciamoci un attimo andare.

Vi propongo quindi oggi tre alternative di Hummus, un classico molto semplice, sfizioso e veloce, che può essere usato come spuntino o come leggero aperitivo casalingo. Da gustare nei vostri momenti di relax!

Ricetta base dell’Hummus

Ingredienti

  • 1 scatola di ceci (250g sgocciolata)
  • 2 cucchiai di Tahini (crema di sesamo)
  • 1 spicchio di aglio (a me piace molto agliosa, se volete potete anche metterne un po’ meno)
  • coriandolo fresco (o prezzemolo)
  • paprika q.b.
  • limone, olio, sale q.b.

N.B. La base è calcolata per un’Hummus, quindi se volete fare tutte e tre le versioni dovrete moltiplicare gli ingredienti della base per 3

Variante 1: Hummus Pomodori secchi e Origano

Ingredienti

  • ricetta base
  • 4-5 pomodori secchi (se grandi, raddoppiare se piccoli)
  • origano q.b

Unire tutti gli ingredienti della base in un mixer o in un contenitore per frullatore a immersione, aggiungere anche i pomodori secchi (se utilizzate quelli grandi sott’olio aggiungerne 3 o 4, se utilizzate quelli piccoli sotto sale, sciacquateli bene e mettetene una decina) e l’origano.

Mixare tutto per bene finché non risulterà una crema, per aumentare la cremosità aggiungere a piacere o olio o acqua.

Variante 2: Hummus all’avocado

Ingredienti

  • ricetta base
  • 1 avocado
  • lime (da usare al posto del limone della ricetta base)

Unire gli ingredienti della base in un mixer o in un contenitore per frullatore a immersione sostituendo il limone con il lime. Aggiungere l’avocado sbucciato e fatto a pezzetti e mixare tutto. Come precedentemente si può aggiungere acqua o olio per ottenere un composto più cremoso.

Variante 3: Hummus alle olive

Ingredienti

  • ricetta base
  • 10-15 olive (io uso le taggiasche che hanno un sapore forte, quindi se le vostre sono poco saporite aumentate)

Unire gli ingredienti della ricetta di base nel mixer o in un contenitore per frullatore a immersione e aggiungere anche le olive. Mixare tutto finché non si raggiungerà una consistenza cremosa. Per maggiore cremosità aggiungere acqua o olio.

Fatemi sapere cosa ne pensate e qual’è la vostra preferita!

Torta di Carote Americana

Da qualche tempo volevo rifare questo dolce che negli anni è diventato uno dei miei preferiti. Ho sempre amato la classica torta di carote italiana (o comunque quella che si trova in Italia), con mandorle e carote. Ma scoperta la versione americana, che comprende, oltre alle carote, anche le noci, il cocco e l’ananas, non l’ho più abbandonata!

La mia idea iniziale era provarne diverse versioni, per fare un confronto e offrirvi tre ricette simili, ma con vari aggiustamenti. Purtroppo in questa situazione di quarantena è sarebbe voluto dire spesi più grosse o più frequenti, che sono al momento sconsigliabili.

La torta è morbida e umida, con i diversi ingredienti che si sposano perfettamente tra di loro, unendo profumi e sapori esotici, dati dal cocco e dall’ananas, con sapori più classici, come quello della carota, della noce e della cannella.

La ricetta che ho sceltosi pubblicare tra le tre che avevo selezionato, è quella di Mom On Timeout, che è un sito che ho scoperto da poco cercando ricette di Pancakes, e dove ho trovato la mia attuale ricetta di Pancakes preferita. Essendo stata così preziosa, ho pensato di affidarmi a lei anche questa volta.

Cercate una ricetta deliziosa per rasserenare un lento pomeriggio? L’avete trovata!

Ricetta Torta di Carote Americana (ricetta per due torte da 20cm)

Ingredienti

Ciotola 1

  • 30 ml di olio
  • 400g di zucchero
  • 3 uova

Ciotola 2

  • 250g di farina
  • 1 cucchiaino di bicarbonato
  • 1 cucchiaino e mezzo di lievito per dolci
  • un pizzico di sale
  • 1 cucchiaino di cannella (o di più, rispetto ai propri gusti)

ciotola 3

  • 6 carote medie grattugiate o tritate
  • 80g di cocco grattugiato
  • 118g di noci tritate
  • poco meno di una lattina di ananas (non sciroppate ma in succo) tritate

Ingredienti Glassa al formaggio

  • 1 scatola di formaggio cremoso da 250g (non salato, tipo Philadelphia)
  • 80g di zucchero a velo
  • 50 g di burro a pomata (sciolto a temperatura ambiente)
  • cocco grattugiato e noci tritate (per decorare)

Procedimento

Unire gli ingredienti della ciotola 1 e sbattere con una frusta.

Unire in un’altra ciotola gli ingredienti della ciotola 2 e poi unire alla ciotola 1.

Amalgamare il tutto e, dopo aver tritato tutti gli ingredienti della ciotola 3, mescolarli con l’impasto precedentemente ottenuto.

Imburrare e infarinare due teglie da 20cm e infornare nel forno caldo.

Nel frattempo, in una planetaria o usando le fruste elettriche, montare il burro, aggiungere poi il formaggio cremoso e infine lo zucchero a velo. Si verrà così a ottenere una crema, che andrà spalmata sulla torta (raffreddata!!).

Mettere una mezz’ora in frigo per far rassodare la glassa.

Buon appetito!

N.B. Se la coprite con la glassa conservatela assolutamente in frigo!

Burger Vegan: tre deliziose ricette!

Ho da poco scritto un post su Instagram riguardo alla mia decisione di ridurre in modo radicale il consumo di carne e derivati animali che provengono dalla grande distribuzione (e quindi di conseguenza la maggior parte delle volte da allevamenti e produzioni intensive).

Non sono totalmente contraria al consumo di questi alimenti, la mia idea è che sia giusto mangiare un po’ di tutto, e sia soprattutto salutare ricevere i nutrienti che ci vengono forniti da carne e prodotti animali, ma credo anche fermamente che ciò che non è affatto giusto sia che gli animali subiscano dei soprusi agghiaccianti, che ci siano produzioni che partecipano all’inquinamento ambientale in modo così consistente e che le aziende non siano trasparenti e ci facciano credere di star comprando dei prodotti, quando ne stiamo comprando degli altri.

In sintesi, penso che, se vogliamo continuare a mangiare carne e derivati animali, dobbiamo rivolgerci a prodotti a chilometro zero, di produttori locali, certificati e trasparenti ed evitare il più possibile, e se è possibile eliminare totalmente, il consumo di prodotti di cui non si conosce la provenienza o che sappiamo con certezza essere prodotti che arrivano da allevamenti intensivi.

Di recente mi hanno chiesto: come facciamo a sapere che sono prodotti di allevamenti intensivi? Beh avete presente i supermercati? Ecco diciamo che la maggior parte dei prodotti (soprattutto questa categoria di prodotti) presenti nei supermercati, provengono da produzioni intensive. Più nello specifico? Sicuramente i prodotti che pagate poco.

Ovviamente ci sono delle eccezioni e spesso queste sono certificate e le certificazioni sono presenti sul packaging del prodotto. Ma attenzione non parlo di scritte come ‘packaging sostenibile’, ‘eco-friendly’, ‘organic’, ‘bio’, ‘allevato con amore’, ‘di fattoria’, ‘100% naturale’ ecc. che poi non presentino nessun marchio di certificazione, questo si chiama Greenwashing ed è uno dei motivi per cui dobbiamo comprare in modo consapevole, leggere le etichette e informarci sulle aziende che producono gli alimenti che consumiamo regolarmente.

Comincio qui una conversazione che va al passo con mie continue riflessioni e studi, e quindi con una formazione progressiva, in cui io stessa ammetto in primis di non sapere tutto e non essere perfetta. Ho lanciato ora vari argomenti che possono e dovrebbero essere approfonditi molto di più e molto meglio e vi invito a farlo per cominciare una conoscenza più genuina e consapevole del vostro consumo.

Sicuramente una cosa che ho capito da questo mio tentativo (che per ora sta avendo successo), è che per essere vegani (anche se non totalmente), bisogna essere organizzati. Per questo ho deciso di fare un po’ di meal-prep, cioè preparare in anticipo un po’ di hamburger vegani (verdure + proteine vegetali), da conservare in congelatore e scaldare durante la mia settimana.

Qui vi propongo tre tipi di hamburger davvero buonissimi e leggeri. La prima ricetta l’ho ideata io, la seconda l’ho presa dal sito vegolosi.it (che si è per ora sempre rivelato ottimo) e la terza da Carlotta di Cucina Botanica.

Hamburger di patate e broccolo romanesco

Ingredienti

  • 3 patate piccole
  • 1 broccolo
  • 1/2 cipolla saltata
  • pangrattato q.b.
  • sale e pepe

Sbucciare le patate, metterle in una pentola e coprire con acqua fredda. Lasciate bollire per 20-40 min (dipende dalla grandezza delle patate) finché non saranno morbide.
Bollire in acqua bollente il broccolo che avremo pulito in precedenza.

Con uno schiacciapatate andate a schiacciare sia le patate che il broccolo in una ciotola grande, unire quindi la cipolla, sale, pepe e il pangrattato finché non si ottiene una consistenza adatta a formare degli hamburger. Spennellare la superfice di questi con dell’olio.

N.B. più pan grattato di aggiungerà meno saranno morbidi

Infornare a 180°C per 20-30 min o finché non saranno dorati in superficie. Girare a metà cottura.

Hamburger di tofu e verdure

Ingredienti

  • 1 panetto di tofu morbido
  • 1 piccola cipolla tritata
  • 1 carota grattugiata
  • 2 zucchine grattugiate
  • prezzemolo
  • pangrattato q.b.

Mettere un po’ di olio in una padella e far soffriggere la cipolla.

Aggiungere poi le verdure, salare e cuocere fino a farle asciugare.

Aggiungere il tofu sbriciolato e fare saltare ancora.

Trasferire 1/3 del contenuto della padella in una ciotola e passarlo con il frullatore a immersione, in modo che venga una ‘pasta’, aggiungere poi il resto del contenuto della padella e mescolare tutto salando a piacimento.

Mescolare poi un po’ di pangrattato in modo da raggiungere un impasto modellabile e creare gli hamburger. Spennellare la superfice di questi con dell’olio.

Infornare a 180°C per 10-15 min, finché non saranno dorati. Girare a metà cottura.

Hamburger di fagioli cannellini e barbabietola rossa

Ingredienti

  • 280g di fagioli cannellini
  • una piccola barbabietola bollita
  • 80g di zucchina grattugiata
  • 1/2 cipolla saltata
  • Pangrattato q.b
  • sale e pepe

Mettere tutti gli ingredienti nel frullatore o minipimer e frullare tutto, aggiungere poi del pangrattato finché non si raggiungerà una consistenza adatta ad essere modellata.

Modellare gli hamburger, che saranno un po’ morbidi, e spennellarli con dell’olio.

Infornare a 220°C per 20 min e girare a metà cottura.

Svezia: dove mangiare a Göteborg, consigli per tutte le tasche

Oltre il pontile i gabbiani volavano in cerchio, lanciando di tanto in tanto uno stridio acuto. Ma per il resto c’era solo questo incredibile silenzio, che sembrava di sentir frusciare nelle orecchie. Sul mare c’era un leggero velo di pioggia e tutto era bello, di una malinconica bellezza.
Vacanze all’Isola dei Gabbiani, Astrid Lindgren

In modo molto strano e credo diverso da molti bambini, il primo posto dove ho desiderato andare è stata la Svezia. Da piccola leggevo molto e la mia autrice preferita, di cui ho divorato tantissimi libri, era Astrid Lidgren, autrice di Pippi Calzelunghe e altri libri per bambini. Le sue storie mi facevano viaggiare tra i paesaggi e i cibi nordici e mi avvicinavano in modo inaspettato a una cultura e dei luoghi molto lontani. 

Gran parte del legame tra me e la Svezia si è creato proprio per il modo della Lindgren di raccontare il cibo e i momenti conviviali e non mi scorderò mai la prima volta che ho sentito parlare delle caramelle mou in “Rasmus e il vagabondo” e dell’ossessione che ne è conseguita per trovare proprio quelle, nei successivi anni.

La Svezia per me era quindi un viaggio speciale da fare e quando già ogni viaggio è un regalo che siamo fortunati a poterci concedere, questo viaggio per me aveva anche qualcosa di magico che mi riportava alla mia infanzia, per questo e per molti altri motivi sono stata contenta di andarci con Bernardo, il mio ragazzo, che ha sopportato pazientemente i miei capricci gastronomici. 

In particolare, la città che abbiamo visitato è Göteborg, seconda città più grande della Svezia che si trova al sud di questa. La nostra idea era di stare qualche giorno e visitare anche le isole dell’arcipelago Skärgården che sono proprio lì davanti.

Il periodo era totalmente fuori stagione (ottobre), perché non essendoci il bel tempo estivo o le attrazioni natalizie del periodo invernale, quello che ci aspettava era più che altro un pieno clima autunnale condito da piogge frequenti. 

Ma quello che in realtà ci spaventava di più era il costo della vita, ed è stato infatti molto difficile mangiare fuori tutte le volte, cercando trovare posti buoni e spendere allo stesso tempo il meno possibile. 

Dove abbiamo mangiato

Kanelbullar

Il Kanelbullar è un dolce svedese da colazione o pausa caffè (chiamata fika dagli svedesi) che consiste in un impasto lievitato cosparso di burro fuso, zucchero e un mix di spezie (tra cui la cannella) che viene arrotolato, tagliato a rondelle e poi cosparso di zuccherini.

  • Café Husaren: il primo posto dove abbiao assaggiato i Kanelbullar è questo caffè nel quartiere di Haga, il quartiere antico della città, molto indicato per l’ora della merenda. Conoscevo il posto perché avevo visto che era consigliato da alcuni profili instagram che si occupavano di cibo in Svezia e sapevo che era famoso per avere una versione molto grande dei Kanelbullar. L’interno del locale non ci ha colpiti particolarmente e devo ammettere che anche la brioche, che era fredda e forse lì dalla mattina, non ci ha entusiasmati. Diciamo che, a posteriori, direi che era più bella da vedere che da mangiare. In più, oltre ad essere molto alto il costo del dolce, costava anche il refil del caffè (cosa inusuale per un paese nordico).
    cafehusaren.se Voto: 6 Spesa: 8€
Kanelbullar del Café Husaren
  • Chiosco, molo dei traghetti, Saltholmen: so che non è propriamente un locale, ma questo chiosco (kiosk) ci ha regalato il miglior Kanelbullar che abbiamo mangiato nella vacanza. Il molo è quello che bisogna raggiungere per andare sulle isole, quindi la probabilità di passarci è alta. Vi consiglio di prendere un dolcino e un caffè mentre aspettate il traghetto, oppure portarvelo sull’isola e far colazione immersi nella loro atmosfera caratteristica.
    Voto: 10 Spesa: 3.50€ (circa)

Pranzo e cena

Per pranzo e cena abbiamo riscontrato non poche difficoltà a trovare qualcosa che costasse meno di un prezzo medio di 10 euro. Ci avevano parlato di chioschetti di hot dog, ma noi ne abbiamo visto forse uno e pure decentrato, per il resto la soluzione per un pasto più economico era quasi solo il supermercato. Ma sicuramente ci sarà qualcosa che ci è sfuggito…

  • Saluhallen: questo mercato al copertoè il posto che ci è piaciuto di più: abbiamo mangiato tipico e a un prezzo abbordabile. Nel mercato c’erano banco alimentari, come macellerie e pescivendoli, ma anche, appunto, banchi che facevano pranzo con cibo tipico oppure torte e caffè. Qui abbiamo mangiato le classiche polpette svedesi con salsa alla panna, patate, piselli e salsa Lingonberry (una sorta di marmellata di mirtilli rossi) e un hamburger di pesce con insalata, purè, salsa Lingon e salsa tartara. Siamo inoltre riusciti a bere un espresso decente e abbiamo assaggiato una torta tipica la Chokoladtosca, una torta al cocco e cioccolato.
    https://www.storasaluhallen.se Voto: 8 Spesa: 8-10€ (per ogni piatto unico)
  • Sjöbaren: ristorante di pesce molto costoso, ci era stato consigliato prima della nostra partenza e alla fine, anche se un po’ spaventati dal prezzo, abbiamo deciso di provarlo. Il ristorante è all’interno molto curato e accogliente, lo stile è a tema marino, elegante e minimale. Abbiamo apprezzato molto il cibo, abbiamo ordinato il “Seafood platter”, che comprendeva un misto di crostacei sbollentati o crudi, salse e un pezzo di torta salata al formaggio. Per concludere, il Cheesecake svedese, anche questo molto buono e decisamente diverso da qualunque dolce avessi mangiato finora. Il ristorante ha una vasta scelta di piatti sia di pesce che non e soprattutto un assortimento di piatti tipici (cosa non scontata).
    http://www.sjobaren.se/haga/ Voto: 8.5 Spesa: 70€ (a testa, con bottiglia di vino inclusa)
  • Silvis (risorante palestinese): uno dei pasti che abbiamo amato di più. Colti dalla pioggia e dalla fame ci siamo infilati, molto casualmente in questo ristorante palstinese molto carino. Il menù era composto da tante meze e c’era la possibilità di scegliere tra la lista delle numerose meze oppure ordinare il menù composto da loro. Noi abbiamo preso il menù Aladdin (24 euro), molto sostanzioso.
    Non contenti alla fine abbiamo preso un dolce e io ho assaggiato finalmente il Knafeh ripieno di formaggio (che loro chiamano mozzarella, ma non saprei). Davvero delizioso!
    http://www.silvis.nu Voto: 9 Spesa: 20-30€ (a persona)

La Svezia ci ha regalato quindi molte gioie in fatto di cibo, e anche se il nostro portafoglio piange, siamo rimasti molto soddisfatti delle nostre scelte gastronomiche. Spero che questo articolo possa essere utile ad altri viaggiatori che amano assaggiare nuovi sapori. Sono disponibile per approfondimenti sul nostro viaggio ma anche per ricevere informazioni riguardanti la Svezia, che magari mi possono essere sfuggite!

Siti che ho trovato utili:
https://www.goteborg.com
https://www.travel365.it/goteborg-cosa-mangiare.htm
https://www.italian.hostelworld.com/blog/la-migliore-guida-per-backpacker-alla-vita-sociale-di-goeteborg

My first time: Profiteroles!

Finalmente pubblico questo articolo che ho scritto mesi e mesi fa, mettendolo insieme con fatica, spero che vi piaccia! (scusate per la qualità delle foto e anzi ringrazio le mie amiche per averle fatte, se non ci fossero state loro probabilmente nemmeno ci sarebbero)

Una delle cose che tendo a fare nella vita è mettermi continuamente in gioco, mettere in discussione me stessa proponendomi cose che non credo mi possano riuscire, cose che mi fanno paura ma so che mi farebbero crescere. Non che io lo faccia tipo ripetizione di mantra da corso di life coaching, della serie “Supera i tuoi limiti”, è una cosa che, mi sono resa conto, faccio in modo abbastanza naturale. E, non fraintendetemi, a volte fallisco eh, molto spesso anche, e questo mi demoralizza come demoralizzerebbe chiunque. Ma in fondo anche attraverso il fallimento ci mettiamo in discussione: saliamo su un palco e rimaniamo inermi, riusciamo giusto a dire qualche parola in modo imbarazzante e ci ripromettiamo di non farlo mai più, ma poi magari dopo qualche mese, qualche anno, siamo di nuovo là sopra e se questo porterà a un fallimento o a una vittoria poco importa, ci siamo rialzati e siamo lì con una forza nuova. 

Ovviamente non è detto che uno debba sempre, costantemente sbattere la testa sulla stessa cosa, a volte i fallimenti servono anche per rendersi conto che ciò che facevamo non era forse la nostra strada, forse dobbiamo dirigerci altrove per trovare ciò per cui siamo portati, o per cui siamo comunque disposti a fare tanti sacrifici quanti ne servono. 

Questo non lo applico solo alle mie abilità, lo applico un po’ a tutto in generale nella vita, e penso sia qualcosa che si è rafforzato nell’ultimo anno. Trovarsi soli, in una nuova città, con amici più o meno vicini, che però in questi casi non bastano a colmare tutto il senso di solitudine e instabilità. Questo è qualcosa che mi ha permesso di capire fino in fondo l’importanza di rischiare, di andare sempre un po’ oltre il confine della mia comfort zone, senza rimanere statica e annoiata, ma viva, consapevole di me e consapevole ogni volta che, sì, anche questo lo posso fare. 

Ora parliamo di bignè, cosa che, per me, ha tutto a che vedere con l’abbattere i propri limiti.

I bignè sono quella ricetta che ho sempre voluto eseguire avendo sempre un po’ paura. Nel contempo guardavo quei sacchetti di bignè già pronti al supermercato e mi ripromettevo che non li avrei comprati mai. Diciamo che era solo questione di tempo, prima o poi sarei dovuta arrivarci.

Ottimista grazie ai miei recenti successi culinari, anche dovuti a quel meraviglioso libro che è “Il Grande Manuale del Pasticciere” di Mélanie Dupuis, ho deciso finalmente di farli seguendo la sua ricetta.

L’idea era di fare un grande Profiteroles composto da piccoli bignè per una merenda con le mie amiche, che tra l’altro ringrazio per l’aiuto che mi hanno dato nella fase finale di composizione. 

Ricetta Bignè

Ingredienti (per 850g di pasta, circa un’ottantina di piccoli bignè)

  • 250 g di acqua
  • 250 g di latte
  • 225 g di burro
  • 3 g di sale
  • 3 g di zucchero
  • 275 g di farina
  • 500 g di uova (circa 10)

N.B. La quantità di uova è fondamentale, il peso di queste deve essere uguale a quello di acqua + latte, se è di più, sbattetele e togliete la parte in eccesso (conservatela e usatela in altro modo)

Scalda il forno a 230°C. Metti in una pentola il latte, l’acqua, il sale, lo zucchero e il burro. Porta a ebollizione facendo scogliere bene il burro.

Quando il composto comincia a montare (a fare cioè la classica schiumina che fa il latte scaldandosi), togli dal fuoco, versa tutta la farina in una volta e mescola con la spatola. Questo primo composto si chiama panade.

Quando la panade è omogenea rimetti la pentola sul fuoco senza mescolare e aspetta che l’impasto cominci a sfrigolare, a questo punto muovi la pastella per controllare se sul fondo si è formata una pellicola. Se c’è, allora puoi spengere perché l’impasto è sufficientemente asciutto.

Togli quindi dal fuoco e mescola finché non sarà evaporata la maggior parte della condensa. Quando cominciate ad aggiungere le uova l’impasto non dovrà essere però completamente raffreddato. Aggiungi quindi un uovo e mescola finché non è completamente incorporato (si può fare sia a mano che con la planetaria con gancio a foglia). Procedi allo stesso modo con tutte le uova. L’impasto dovrà risultare della consistenza della crema pasticciera.

(Può essere usato subito o conservato in frigorifero per 3 giorni)

Scalda il forno a 230°C.

Fodera una teglia di carta da forno (io ho fatto i bignè con forno ventilato e ho infornato due placche alla volta). Riempi quindi una sac à poche (bocchetta liscia, tonda n. 10) con l’impasto, aiutandoti con una spatola (per riuscire meglio possiamo infilare la sac a poche in un contenitore alto in modo che stia ferma). Comincia a fare i bignè in modo ordinato tenendo la sac a poche perpendicolare alla piastra, formando cerchi di 3 cm circa. Abbassa poi la puntina che rimane su ogni tondino con un dito bagnato.

Riduci la temperatura a 170°C e inforna.

Dopo 20 minuti aprite il forno per qualche secondo per far uscire il vapore e poi lasciate cuocere ancora per 10-20 minuti. I bignè dovranno apparire dorati uniformemente.

Ricetta Profiteroles

ingredienti x 15 porzioni

  • Bignè fatti in precedenza

Per la salsa al cioccolato (350g)

  • 150 g di acqua
  • 50 g di zucchero
  • 15 g di cacao amaro
  • 130 g di cioccolato fondente

Per farcire

  • 500 g di panna liquida (o crema pasticciera se preferite)
  • 80 g di zucchero a velo
  • 1 baccello di vaniglia

Per fare la salsa metti acqua e zucchero in un pentolino, porta a ebollizione, aggiungi cacao e lavora con la frusta. Aggiungi cioccolato e cuoci per 2 minuti mescolando con una spatola.

Metti panna, zucchero a velo e i semi del baccello di vaniglia all’interno di una ciotola e monta il tutto, con fruste elettriche o planetaria.

Riempi una sac a poche con la panna e farcisci ogni bignè facendo prima un buchino con il manico di un cucchiaino in fondo a ognuno per far entrare meglio la bocchetta.

Farciti i bignè possono essere posizionati a forma di piramide su un vassoio/piatto da portata e cosparsi con la salsa al cioccolato.

Viaggio a Napoli, qualche consiglio su dove mangiare

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Ci sono un sacco di posti buoni a Napoli, prima di partire io e le mie amiche eravamo già piene di informazioni su posti dove mangiare la pizza migliore, la sfoglia migliore, il cuoppo migliore e così via.

Diciamo poi che la compagnia era quella giusta, tutte delle grandi mangiatrici, non ci siamo fermate davanti a nessuna difficoltà: code di un’ora, tabelle di marcia fitte di cose da vedere, pioggia e treni da prendere.

Tutto questo per dire che se non vi fidate di me, fidatevi delle mie amiche, delle numerose fonti che abbiamo contattato (sia locali che turisti come noi) e soprattutto della nostra esperienza diretta, sempre piacevole, non solo per il cibo delizioso, ma anche per l’atmosfera e le persone incredibili che abbiamo incontrato.

E che dire, niente di più da aggiungere, con il cuore pieno di ricotta finalmente vi espongo il nostro tour culinario napoletano sperando che possa essere utile anche a voi!

Dove abbiamo mangiato?

Colazione

una sfogliatella riccia e quattro sfogliatelle frolle
  • Gran Caffè Neapolis: era il bar convenzionato con il nostro appartamento, ma mi sento di consigliarlo perché ci è piaciuto molto ed è stato anche il posto dove abbiamo preso il caffè più buono. Servizio un po’ lento, ma almeno hanno i tavolini fuori. Pagina Facebook Voto: 8
  • Leopoldo: aspetto magnifico, la miglior caprese al limone, ma i babà non ai livelli di Scaturchio. Se vi sedete c’è un sovrapprezzo (che noi non abbiamo avuto il coraggio di pagare). http://www.leopoldoinfante.it Voto: 8
caprese al limone, babà ripieno di panna, zeppolina alla crema e crostatina di fragole
  • Scaturchio: un unico grido si alza: BABA’ TI AMO. Ragazzi andate a Napoli e mangiate il babà, ci siamo tutte convertite a questa deliziosa spugna intrisa di sciroppo e rum e quello che abbiamo preferito è decisamente quello di Scaturchio. Questo dolce non mi è mai piaciuto, il sapore alcolico era veramente troppo per me, ma probabilmente non lo avevo mai mangiato fatto come si deve. Quello napoletano è perfettamente equilibrato. Una cosa che non ci ha fatto impazzire di questa pasticceria invece è stata la caprese, abbiamo preso sia quella al cioccolato che quella al limone e ci è sembrata un po’ troppo secca, c’è da dire però che si sentiva molto la mandorla. scaturchio.it Voto: 9

Pranzo e Cena

  • Tandem d’asporto: questo è stato decisamente uno dei posti che ho amato di più, street food/comfort food, famoso per i suoi ‘cuzzetielli’, panini ripieni di ragù napoletano e salsiccia, polpette, parmigiana, braciola e chi più ne a più ne metta. C’erano inoltre anche primi e la possibilità di prendere solo ragù per fare scarpetta. Non vi sto nemmeno a dire quanta soddisfazione in questo nostro primo pasto napoletano. https://www.tandem.napoli.it/tandem-dasporto/ Voto: 9 Quanto ho speso? 6 €
  • Pizzeria Capasso: prima pizzeria del viaggio, posto che non ci ha soddisfatte pienamente. La pizza era buona, ma a mio parere non troppo saporita, le crocché anche quelle nella media (grave assenza della provola filante). Non la sconsiglierei, ma diciamo che non sarebbe la mia prima scelta se tornassi.Pagina Facebook della Pizzeria Voto: 7 Quanto ho speso? 8 €
  • Antica Pizzeria de’ figliole: eravamo a Forcella con un certo languirono e ci troviamo davanti a questa pizzeria, a Emma avevano detto che faceva la migliore pizza di Napoli, e allora che si fa, non ci si ferma? Detto fatto siamo subito entrate per prendere un’enorme pizza da dividere (perché quello era solo uno spuntino…). Bella e deliziosa, grande come una faccia, ripiena di pomodoro e provola. Pagina Facebook della pizzeria Voto: 9 Quanto ho speso? 5 €
  • Fiorenzano: qui è quando ci siamo rese conto che non saremmo uscite vive da questa vacanza. Fiorenzano dà sulla strada e offre fritti, polli arrosto con patate e delle bombe distruttive di cui non ricordo il nome: pasta lievitata farcita con carne, uovo sodo e provola (molto buono ma seriamente tosto). Qui finalmente ho trovato la tanto desiderata crocchè con la provola filante, davvero buona. Pazzesca anche la frittatina di pasta. La Bene ha preso il pollo e, vi dico, la soddisfazione è assicurata. Voto: 8 Quanto ho speso? onestamente non ricordo, ma seriamente poco
  • Augustus: se siete nel centro di Napoli e vi chiedete dove comprare la mozzarella (non sottovalutate questa ricerca, se non è difficile da trovare allora probabile che non sia buona…) questo è il posto che, dopo attente ricerche, abbiamo scelto. In Campania la mozzarella è una cosa seria e di solito le famiglie vanno nei caseifici fuori città a comprarla, per questo, nonostante ti vendano mozzarella dappertutto, trovare un posto fidato è importante. Ho cercato su internet e la maggior parte dei posti era lontano e difficilmente raggiungibile, Augustus invece è in via Toledo, molto centrale, quindi, se non avete i mezzi per uscire da Napoli, vi consiglio di andare lì. Noi l’abbiamo comprata per la nostra unica cena a casa, con qualche verdura e molta parmigiana (ma mai abbastanza…). Pagina Facebook Voto: 8 Quanto ho speso? 11€ (per la mozzarella)
  • Puok: molto amato da napoletani e non (ce l’hanno consigliato davvero tutti), Puok fa hamburger ripieni di ogni bendiddio, un comfort food ripieno di comfort food, decisamente indescrivibile. Noi abbiamo preso: 1. hamburger con provola affumicata, crema di zucchine al forno, zucchine fritte e crema di parmigiano 2. hamburger provola affumicata, patate al forno e parmigiana bianca 3. hamburger con provola affumicata, bacon croccante, cipolla rossa caramellata, anellone di cipolla, maionese, salsa bbq. Mi viene fame solo a ripensarci. https://puokburger.com/hai-fame Voto: 9 Quanto ho speso? 8€
  • Antica Trattoria da Carmine: questo è un posto che ci portiamo proprio nel cuore, la dimostrazione che un buon ristorante è fatto di buon cibo, ma anche di simpatia. L’attesa è stata lunga (un’oretta e forse anche di più), pioveva, e io stavo cercando di digerire l’hamburger che avevamo mangiato tipo alle 16, eppure Carmine l’abbiamo proprio amato e ci saremmo tornate ancora e ancora. Mi sembra importante dire che è veramente il posto più economico dove sia mai stata nella mia vita… Pagina Facebook della Trattoria Voto: 9 1/2 Quanto ho speso? 10€
  • I Sapori della Pescheria Azzurra: Passateci, fate la coda, ne vale davvero la pena. Ristorante della Pescheria Azzurra di Montesanto, tavoli sulla strada e un’atmosfera davvero verace, attesa lunga ma pesce freschissimo. La lista dei piatti è un elenco di cose una più deliziosa dell’altra che buona parte dell’attesa, vi assicuro, la passate a pensarci e ripensarci mille volte. Inutile dirvi che anche qui, per essere stato un pranzo di pesce, non abbiamo speso davvero niente. isaporidellapescheriaazzurra.it Voto: 10 Quanto ho speso? 12€ (a testa, facendo alla romana)
  • Antica Pizzeria & Trattoria al ’22: forse sarà perché ci siamo affezionate alla zona (Montesanto) o perché semplicemente la pizza era davvero molto buona, però ecco, se volete provare un’altra Pizzeria che non sia una di quelle più famose (Michele, Vesi, Sorbillo ecc.) questa è decisamente approvata e se non vi fidate di noi, ci abbiamo portato anche un napoletano, approvata pure da lui. Pizza alta, non grandissima rispetto alla media di Napoli, buona, come ho già detto e se chiamate potete mettervi in lista e non aspetterete troppo (anche in questo caso, per la media di Napoli). http://www.al22pizzeria.it Voto: 9 Quanto ho speso? 10€
  • Il Cuoppo – Friggitori napoletani: Partiamo dal presupposto che noi dovevamo partire, che eravamo piene di valige, che la pioggia che ci aveva graziate fino a quel momento ha cominciato inesorabilmente a cadere e che l’attesa è stata infinita e da presto abbiamo fatto tardi. Visto anche che, questo, doveva essere (almeno per Food Advisor), il cuoppo migliore di Napoli. Beh, io vi dico, non ne vale la pena. A Napoli è pieno di posti dove potete trovarli, questo non era male sì, ma non è decisamente il migliore: troppo unto e la frittatina di pasta, che avevo amato da Fiorenzano, non sapeva proprio di nulla, se non di mozzarella un po’ acida. Per me è no. http://www.ilcuoppo.it Voto: 6 1/2 Quanto ho speso? 5€

Qui si conclude il nostro tour culinario, e menomale, non so se saremmo sopravvissute oltre e, visto che Napoli ci manca già, speriamo di tornare presto!

Fatemi sapere se siete andati anche voi in questi posti e cose ne pensate, oppure se ci sono altri posti che ci avreste consigliato!

Senza sprechi: trasformate le vostre banane troppo mature in Banana Bread!

Ultimamente sto imparando, piano piano, a ridurre gli sprechi in cucina. Questa è una cosa a cui non ho mai posto troppa attenzione, o, per meglio dire, che ho sempre ignorato. Spesso è più semplice scartare ciò, che con un po’ di inventiva e un aiuto dal web, può essere trasformato non solo in qualcosa di mangiabile, ma in qualcosa di realmente buono.

Nell’ultimo periodo sto scoprendo quanto possono essere buone e saporite le foglie verdi dei porri (e in quanti modi possano essere cucinate), quante cose si possono fare con il pane raffermo, come ad esempio un semplicissimo dolce e quante ricette nuove si possono scoprire imboccando questa strada del recupero.

Proprio per questo quando ho scoperto che per il Banana Bread servivano banane annerite che più annerite si può, e visto che queste, in casa mia raramente mancano, ho deciso di provare a riprodurre il dolcissimo e delizioso Banana Bread che ci ha fatte sognare a me e a Benedetta durante il nostro ultimo viaggio ad Amsterdam.

Ovviamente qualcosa è andato storto, quando stavo per infornare il magico dolce mi sono resa conto che sul fornello c’era ancora il pentolino con il burro che avevo fatto scogliere poco prima…che dire, il dolce è diventato d’un tratto light! Purtroppo niente dieta in vista, dato che, nella mia nuova attitude ‘no sprechi’, ho deciso di usare il burro fuso per condire i successivi pasti (Comunque il dolce è venuto buonissimo anche versione light, per chi volesse tentarla…).

Ringrazio la fantastica Laurel Evans, a cui appartiene la ricetta originale, che ho modificato un po’.

N.B Potete congelare le banane quando si stanno annerendo e scongelarle quando decidete di fare il dolce.

Banana Bread visto dall'alto

Ricetta: Banana Bread

Ingredienti

  • 250g di farina integrale
  • 100g di zucchero bianco
  • 40g di zucchero di canna grezzo + q.b da spargere in superficie
  • 1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
  • 1/2 cucchiaino di cannella
  • 1/4 cucchiaino di noce moscata
  • un pizzico di sale
  • 3 banane molto mature (un po’ annerite)
  • 80g di yogurt
  • 2 uova
  • 90g di burro fuso, tiepido (oppure senza burro per versione light!)
  • 100g di noci tostate e tritate grossolanamente

Procedimento

Scaldate il forno a 200°C. Imburrate e infarinate uno stampo da plumcake.

In una ciotola unite farina, zuccheri, spezie e sale. In un’altra ciotola schiacciate le banane con una forchetta e sbattetele con yogurt, uova e burro fuso. Incorporate il secondo composto al primo e mescolate finché saranno appena amalgamati.

Mettere il composto nello stampo e spargere sopra le noci e lo zucchero di canna grezzo.

Infornare per 50 minuti nel forno caldo o finché avrà preso colore e infilando uno stecchino non uscirà pulito.

Se vedete che le noci in cima cominciano a bruciarsi prima della fine della cottura, mettete sopra la teglia un po’ di stagnola e abbassate il dolce al piano più basso.

Buona merenda!

Fetta di Banana Bread in primo piano, accompagnato da caffè e latte. Sullo sfondo, suonato, il Banana Bread sul tagliere.